Camminarsi dentro (6): Gli incontri del mercoledì

Ogni mercoledì sera, in Associazione, da sempre, l’incontro con le famiglie.

Alcune coppie di genitori frequentano questi incontri da oltre dieci anni. I loro figli hanno ancora la testa malata. La febbre non li abbandona.

Mi chiedo spesso cosa provino questi genitori. Quanto siano invecchiati. Quando mi passano accanto ho la sensazione di un grumo di dolore che non si scioglierà mai. Che non ci sarà risarcimento, ricompensa, perdono.

Da un po’ d tempo viene ripetuta la domanda: che cos’è una madre? Secondo me, non sono più tanto sicure di sé: non ha più molto senso continuare a pensare che il padre è assente, e basta.

Quello che mi sconcerta di più è il fatto che non sappiano rispondere a quella domanda! Non sanno dire più cosa sia una madre. Si potrebbe sbrigativamente concludere, dicendo che questo è l’effetto dell’eroina; che sono state ridotte così dall’ostinazione dei loro figli.

Ma è così? In realtà, anche le madri che hanno i figli in Comunità, quelle che hanno un figlio che è uscito dalla Comunità, non sorridono più. Non sorridono mai. Non sanno dire l’amore che non si stanca mai di perdonare. Non conoscono più le parole.

Abbiamo pensato di tenere un Corso sulle emozioni e sugli stili educativi, con Psicologi esterni, con la speranza che questo possa servire almeno a restituire loro il sorriso.

I padri? Non so. Ho idee mie al riguardo, ma nessuno è interessato a conoscerle. E quando parlo, è come se parlassi al vento. Le parole cadono per terra. L’unica cosa che si possa dire dei padri è che sono assenti, e che fanno tutto le madri! Come se ogni padre da solo, tutti i padri presi uno per uno avessero deciso da decenni, forse da secoli, di cessare di essere padri. Come se non avessimo mai avuto un padre! Eppure, io ne ho avuto uno, che mi ha insegnato l’onestà, cioè tutto quello che c’è da sapere! Ho avuto anche una madre, che è stata una presenza discreta, premurosa. Ha allevato quattro figli senza titoli di studio e lo ha fatto con il cuore, semplicemente. A me che ho studiato Filosofia, che mi sono laureato con 110 e lode in quattro anni, ha dato fino all’ultimo dei suoi giorni quello che niente altro della vita avrebbe potuto darmi al pari di lei: il senso del pudore e la pace interiore. E’ stata severissima, perché con la sua dolcezza non ha mai smesso di amarci tutti. Senza buchi, né intervalli. Sempre. Per 90 anni. Fino al 2 settembre 2007. Probabilmente, non avrebbe saputo dire che cos’è una madre. Lo ha fatto, però, in mille modi che potrei raccontare uno per uno. Io so mille cose a proposito di che cosa sia una madre. Non conosco solo il concetto. Ricordo mille aneddoti, storie, esperienze, che hanno riempito la mia vita, rendendomi quel poco di buono che sono.

Ai miei alunni racconto, per esempio questa:

ogni anno, a primavera, cinquant’anni fa, passava di casa in casa una Madonnina, che ogni famiglia provvedeva a tenere su un altarino improvvisato, nella parte più bella della casa, dove venivano accolte le persone del quartiere che venivano in visita la sera, fino alla fine di maggio. Mia madre preparò il nostro altarino e decise di disporre accanto ad esso quattro vasetti di veto sottile, di poco prezzo, per i fiori. Uno per ogni figlio.
Sono passati gli anni. Nessuno ha pensato più a quei vasetti. Eppure, quando ognuno di noi quattro si è sposato, lei ha tirato fuori uno dei quattro vasetti conservati e lo ha regalato al figlio che si sposava.
Io conservo quel vasetto come cosa sacra. Penso che mia madre abbia saputo custodire le memorie della famiglia, che non abbia permesso a nessuna delle intemperie che pure si sono abbattute sulla casa che andasse perduto ciò che ne costituisce ancora la memoria.

Se solo riuscissimo a ricordare quello che le madri hanno saputo custodire, sapremmo bene oggi che cos’è una madre!

Cosa ci ta accadendo, ora? Perché è diventato così difficile essere madre e padre? Perché si riesce a pensare impunemente che non sia padre chi ha insegnato la vita a suo figlio?

12 marzo 2008

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