LA PRATICA LETTERARIA. INTERROGARSI ATTRAVERSO LA LETTURA SU SE STESSI E IL MONDO (1): Il responsabile delle risorse umane, di ABRAHAM B. YEHOSHUA

Almeno dal 1981, cioè da quando ho scoperto Il materiale e l’immaginario. Laboratorio di analisi dei testi e di lavoro critico di Remo Ceserani – un ‘manuale’ di Letteratura in 10 volumi, per il triennio della Secondaria superiore -, per me la Letteratura è diventata strumento di conoscenza della realtà, a cui mi piace aggiungere: dell’anima. Strumento di conoscenza della realtà (dell’anima). Ogni testo letterario ci immette in una nuova realtà, ci mostra qualcosa che non conoscevamo. O ci fa vedere meglio quello che si agitava già dentro di noi. Potremmo anche dire che i testi ci aiutano a conoscere meglio noi stessi, ci spingono a interrogarci.


L’effetto è ben chiarito dall’opera sulla pratica letteraria da cui nasce questa Rubrica, con i riferimenti all’angustia della mente, all’apatia dei sensi, all’aridità del cuore per cui può costituire un’efficace “terapia delle idee” la lettura, giacché essa «modifica la sfera del conoscere e del sentire, espande la comprensione della realtà, rende il pensiero più flessibile, più duttile, più problematico. La letteratura, anche se con procedure discorsive completamente diverse, suggerisce e propone percorsi di senso, favorendo esperienze conoscitive profonde e offrendo al pensiero nuovi orizzonti».

Per queste ragioni, c’è da chiedersi, allora, cosa abbia da ‘insegnarci’ Il responsabile delle risorse umane di Yehoshua.

Intorno alla pratica letteraria

Yehoshua racconta Yehoshua 1 2 3

Alla fine di ottobre del 2004 Yehoshua si incontrò con Umberto Eco alla Biblioteca Sala Borsa di Bologna, per discutere del libro.

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Anche le piccole colpe possono avere un potere terribile.

Nel 2000 Einaudi aveva pubblicato la raccolta di saggi intitolata Il potere terribile di una piccola colpa. Etica e letteratura, otto saggi fra etica e letteratura legati dal comune tema della “colpa”, per “risvegliare l’interesse verso gli aspetti morali della letteratura”.

Maria Teresa Cassini e Alessandro Castellari hanno dedicato all’opera di Yehoshua, nel loro volume sulla pratica letteraria, il saggio Il responsabile delle risorse umane: la passione dell’altro, alle pagine 247-268.

IL LIBRO – Un terrorista suicida si fa esplodere in un mercato di Gerusalemme. Una donna muore. Era straniera, viveva da sola in una squallida baracca di un quartiere di religiosi. Nessuno va a reclamare il suo cadavere all’obitorio del Monte Scopus. Eppure Julia Regajev aveva ancora formalmente un lavoro, come addetta alle pulizie in un grande panificio della città. Un giornalista senza scrupoli sfrutta il caso per imbastire uno scandalo e denuncia la «mancanza di umanità» dell’azienda, che non si è nemmeno accorta dell’assenza della dipendente. 
Tocca al responsabile delle risorse umane, spedito in missione dall’anziano proprietario del panificio, cercare di rimediare al danno d’immagine. Ma il viaggio verso la compassionevole sepoltura della donna si rivela per lui molto piú importante di un’operazione di facciata nei confronti dell’opinione pubblica. Per un personaggio di Yehoshua, essere responsabile significa non tanto essere colpevole, ma soprattutto portare attivamente il peso di un imperativo morale. Cosí il responsabile delle risorse umane impara che anche una piccola colpa, come quella di cui si è macchiata la sua azienda, non va trascurata, perché anche le piccole colpe possono avere un potere terribile.

IL FILM – Tratto dal romanzo di Abraham B. Yehoshua, Il responsabile delle risorse umane di Eran Riklis – regista del Giardino dei limoni,  il film, girato in Isreaele e Germania e distribuito in Italia da Sacher, ha partecipato al Festival di Roma e ha già vinto il Premio del Pubblico al festival di Locarno. Inoltre, la pellicola è stata selezionata per rappresentare Israele agli Oscar, dopo essersi aggiudicata numerosi premi Ophir.
Yehoshua si è detto molto soddisfatto della trasposizione cinematografica del libro: «Ho solo annotato suggerimenti a margine della sceneggiatura, volevo che la storia non divagasse, restasse lineare sulla trama. Ma l’opera è frutto indipendente del regista Eran Riklis». Ha elogiato anche l’interpretazione di Mark Ivanir: «Un protagonista meraviglioso. Mark Ivanir è riuscito a penetrare nell’anima di un burocrate alienato e attaccato alla sedia, per poi trasformarlo in un uomo capace di provare pietà e infine amore per il corpo che trasporta. È bella la parte on the road, l’umorismo con cui Riklis restituisce gli aspetti primitivi, la dissenteria, il freddo, i disagi, del viaggiare in luoghi sperduti».

 

Trailer del film

 

Abraham B. Yehoshua è stato ospite di Serena Dandini a Parla con me, nella puntata di giovedì 9 dicembre su Rai Tre. 
L’autore israeliano ha parlato del potere di emozionare della grande letteratura e ha elogiato ancora una volta il film di Eran Riklis: «Una decina delle mie opere sono state adattate per il grande schermo. La maggior parte non mi sono piaciute… ho preso i soldi e ho detto, non voglio vedere il film… ma qui, qui c’è stato un miracolo: il libro è stato adattato da un ottimo regista, che ha fatto un lavoro onesto. Ovvero, quando si adatta un libro per il grande schermo non si può tenere tutto, ci sono tante cose che devono essere eliminate e poi ci sono cose che vengono aggiunte. Ma la cosa più importante è prendere il fulcro del libro e tenerlo nel film… ed è quello che è avvenuto in questo caso».

Il video dell’intervista con Dandini

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Più che una recensione o una lettura personale questa è una scheda di apertura. Su quello che ho ricavato dalla lettura di quest’opera ritornerò a tempo debito: il tema che a me sta a cuore si intreccia con altre questioni, per me ancora aperte. Mi riferisco alla questione della colpa, che sembra non essere più al centro dell’ethos, come ai tempi del Disagio della civiltà di Freud. Il capovolgimento del rapporto principio del piacere / principio di realtà – per cui, non c’è più da ‘liberare’ la coscienza dal peso delle censure etico-sociali, in quanto, in verità, il primo ‘termine’ prevale sul secondo – costringe a chiedere che ne è dei sensi di colpa che affliggevano e ossessionavano le generazioni precedenti. C’è da dire che il tema della colpa suggerisce un ‘utilizzo’ dell’opera nell’ambiente dell’Ascolto, e non solo nella relazione d’aiuto. Abbiamo sempre bisogno di esperienze esemplari su cui fare leva per sostenere un’idea che ci sta a cuore: la letteratura può svolgere questa funzione di ‘terapia delle idee’ che le assegna la pratica letteraria.

Una prima considerazione da fare riguarda la circostanza del ‘ritrovamento’ di una donna da parte di un giornalista presso l’Obitorio dell’Ospedale del Monte Scopus: il responsabile delle risorse umane non sa. Egli scopre un po’ alla volta quello che si nasconde dietro l’episodio tragico della morte per mano di un kamikaze di una straniera colta, un ingegnere, che lavorava come donna delle pulizie nel grande panificio in cui egli è ‘responsabile delle risorse umane’.

Quest’ultima espressione, che compare perfino nel titolo, sta a significare chiaramente che, a differenza di quello che una volta si chiamava ‘capo del personale’, la persona che ha questo incarico è figura impersonale, espressione di competenze ‘gestionali’: il personale è ormai solo ‘risorse umane’ da impiegare nel migliore dei modi. E chi dovrebbe occuparsene ne è ‘responsabile’. Forse, responsabile solo dell’efficienza di ognuno e dei gruppi umani organizzati nei reparti dell’azienda. A questa persona si addice fin dall’inizio la ‘qualifica’ di ‘responsabile delle risorse umane’: lo scrittore non lo chiama per nome, ma ripete infinite volte questo soggetto della frase: ‘il responsabile delle risorse umane’. Provvede subito la narrazione a farci comprendere come il ruolo copra per intero la persona, oscurando la sua umanità. O forse, la persona si nasconde bene dietro quel ruolo, e questo gli impedisce di accorgersi di cose che gli sono passate sotto gli occhi fin dal primo contatto con la donna delle pulizie: non vede la sua bellezza. Essa gli si mostra attraverso il racconto dei suoi colleghi, ed egli non ne è contento.

La segretaria che lo assiste durante la prima parte della notte, parlando di lei, accuserà: “Invece sì, era bella, anzi bellissima. E se lei non lo ha notato è perché di solito è come una chiocciola, chiuso in se stesso, e la bontà e la bellezza le passano accanto come ombre”. (pag.18)

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