AI CONFINI DELLO SGUARDO (0): Bisogno e riconoscimento

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Domenica, 3 aprile 2011

Detto questo sarà stato detto quasi tutto. Almeno per me. Ai confini dello sguardo incontriamo l’altro. E’ per questo che noi viviamo. Prendiamo ad esistere come singoli, facendoci persone, cioè soggetti morali. Abbiamo bisogno di riconoscimenti, nella sfera privata. Abbiamo bisogno di compassione, nella sfera pubblica. Aspiriamo all’amore. L’ordine del sentire in noi si struttura grazie alla relazione con gli altri. 

Le ultime tre proposizioni riassumono le tre parti di cui si compone l’opera di Martha Nussbaum – Upheavals the Thought. The Intelligence of Emotions – dedicata alle emozioni: Bisogno e riconoscimento; Compassione; Le ascese dell’amore.

In quest’opera, ricevuta martedì, 29 marzo, trovo quasi tutto quello che cercavo. Il primo capitolo della prima parte – Le emozioni come giudizi di valore – contiene in apertura la tesi generale di quest’opera di 835 pagine:

Scopo della mia argomentazione è mostrare che le emozioni implicano giudizi su cose importanti, giudizi nei quali, nel considerare un oggetto esterno importante per il nostro benessere, riconosciamo il nostro «essere bisognosi» (neediness) e la nostra incompletezza riguardo a cose del mondo che non controlliamo pienamente. (pag.37)

Subito dopo, nel paragrafo 1 – Bisogno e riconoscimento -, che considero fondamento di molte delle cose che penso, Martha Nussbaum propone la tesi che le emozioni sono forme di giudizio, impegnandosi a dimostrare che questa tesi è compatibile con una versione modificata dell’antica etica stoica greca – che per lei costituisce la migliore spiegazione della natura delle emozioni: esse sono riconoscimenti di bisogno, di assenza di autosufficienza; esse implicano sempre il pensiero di un oggetto, associato a quello della rilevanza o importanza dell’oggetto stesso; esse implicano quindi sempre stima o valutazione.

«Definirò di conseguenza la mia concezione come una teoria di tipo «cognitivo-valutativo», e talvolta, più brevemente, «cognitivo». Ma per «co-gnitivo» intendo «relativo al ricevere ed elaborare informazioni», niente di più. Non intendo pre- supporre la presenza di operazioni complesse o calcoli, e nemmeno di un’autocoscienza riflessi- va» (pp.41-42).

«Benché io creda che le emozioni siano qualcosa di corporeo, come ogni altro processo di pensiero, credo anche, e lo argomenterò, che constatare che esse hanno luogo in ogni caso in un corpo vivente non giustifichi la riduzione delle loro componenti intenzionali-cognitive a moti fisici non-inten- zionali. […] I corpi viventi sono capaci di in- telligenza e intenzionalità» (pp.43-44).

In primo luogo, le emozioni sono in relazione (about) a qualcosa: hanno un oggetto.

In secondo luogo, l’oggetto è intenzionale: ovvero, esso appare nell’emozione nel modo in cui lo vede o lo interpreta la persona che prova l’emozione stessa.

In terzo luogo, queste emozioni non implicano semplici modi di vedere l’oggetto, ma credenze – spesso molto complesse – riguardo all’oggetto stesso.

Notiamo infine qualcosa di caratteristico nelle percezioni intenzionali e nelle credenze tipiche delle emozioni: esse sono relative al valore, vedono i propri oggetti come investiti di valore o importanza.

[continua]

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