Contributi a una cultura dell’Ascolto CAMMINARSI DENTRO (227): Leggere EUGENIO BORGNA, Noi siamo un colloquio

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Lunedì 15 agosto 2011

La prima volta che mi sono ritrovato tra le mani il volume di Borgna era il 18 gennaio 2000. L’emozione provata già di fronte al titolo non mi ha mai abbandonato. Sonava rassicurante per me, perché ci leggevo quello che considero l’unico motivo di speranza, ormai: che sia possibile fornire aiuto ai nostri simili, pur non avendo la laurea o il diploma che occorrerebbero per farlo. E quello che io faccio non proviene soltanto dalla mia laurea in Filosofia, da 45 anni di studi di Filosofia e altrettanti passati a studiare tutto quello che riguarda il campo delle neuroscienze, la psicologia dell’educazione e la Letteratura e l’Estetica e l’Etica… Fabio Folgheraiter riconosce la realtà delle cure informali, ma è Fabio Folgheraiter! Sembra che il dialogo sia una struttura portante della condizione umana, non della condizione degli Esperti della salute mentale soltanto. In Italia la compassione è morta da un pezzo: io vedo che non ne hanno nemmeno le madri per i loro figli, quando essi siano affetti da tossicomania o da altri disturbi gravi. Che la tossicomania sia una malattia grave non è disposto a riconoscerlo quasi nessuno. I ragazzi che ne sono affetti sono perseguitati, incarcerati, qualche volta uccisi impunemente. La generosità degli Operatori è dei singoli, non delle strutture. Gli Amministratori sono impegnati a demolire quel che resta dello Stato sociale, negando sempre più fondi alle strutture, come se ci fosse da risparmiare prima di tutto in quel Settore. Il disagio umano è cosa di poco conto. Prevalgono spiegazioni sbrigative che sono avallate da un potere criminale e da strutture pubbliche e private arrendevoli: i disturbi da dipendenza sono derubricati a vizio, ormai. La punizione prevale sull’Educazione. Perciò, costituisce una speranza residua la voce di chi, come Eugenio Borgna, crede nel potere della parola ed è pronto a riconoscere valore umano solo a chi parla al dolore umano. Il deserto che abbiamo attraversato è ancora lì intatto davanti a noi. Dopo 22 anni di lavoro sociale, non è cambiato nulla: non è arrivato nessun riconoscimento, da nessuna parte. Quando deciderò di smettere di fare quello che faccio ogni giorno, dal lunedì al venerdì, nel Centro di ascolto della mia città, mi limiterò a chiudere il portone e a restituire la chiave al padrone di casa. La distruzione progressiva che questi 22 anni hanno prodotto è cosa solo mia. Essa è il giusto prezzo che dovevo pagare per realizzare l’ultimo sogno della mia vita, dopo l’Azione cattolica, il Partito, il Sindacato. I risultati conseguiti – alcune decine di persone che stanno bene e hanno ripreso a vivere serenamente – mi bastano. I loro volti e i loro nomi e il loro affetto popolano le mie notti di ricordi positivi e bastano a compensare il dolore per i ragazzi morti, per l’invidia, la gelosia, il risentimento, la stupidità, la cattiveria, la ferocia con cui l’impresa dell’Ascolto si è scontrata qui, in questa città. A chi non crede che il destino delle persone è dato anche dal posto in cui nascono e dall’accoglienza che ricevono e dall’educazione e da tutto il resto questo dovrebbe bastare: se non avessi avuto spalle solide dalla nascita, forse sarei anche io ad ingrossare le file degli infelici pochi che popolano le strade di tutte le nostre città e che nessuno conosce e nessuno vede. Quando è morto Benedetto, i suoi amici hanno scritto sul muro dove si è schiantata la sua macchina: OCCHIALI PER TUTTI!  

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Molto ha esperito l’uomo.
Molti celesti ha nominato
da quando siamo un colloquio
e possiamo ascoltarci l’un l’altro
(Friedrich Hölderlin)

Le riflessioni di Martin Heidegger su queste parole straziate ed alte del grande poeta tedesco consentono di indicare la radicale importanza del colloquio, come struttura dell’esistenza, e le conse- guenze che ne scaturiscono, quando essa si lacera e si frantuma implacabilmente (ad esempio) in una tossicomania. Queste sono alcune delle cose che egli scrive: «Noi siamo un colloquio. L’essere dell’uomo si fonda nel linguaggio (Sprache); ma questo accade (geschieht) autenticamente solo nel colloquio (Gesprächt)»; e ancora: «Ma che cosa significa allora un ‘colloquio’? Evidentemente il parlare insieme di qualcosa. E’ in tal modo che il parlare rende possibile l’incontro. Ma Hölderlin dice: ‘da quando siamo un colloquio e possiamo ascoltarci l’un altro’. Il poter ascoltare non è una conseguenza che derivi dal parlare insieme, ma ne è, piuttosto, al contrario, il presupposto» (M.Heidegger, La poesia di Hölderlin, Adelphi 1988). L’inaudita rilessione heideggeriana così prosegue: «Ma Hölderlin non dice semplicemente: noi siamo un colloquio, bensì: ‘da quando noi siamo un colloquio…’. Là dove c’è ed è esercitata la facoltà del linguaggio propria dell’uomo, non vi è ancora senz’altro l’evento essenziale del linguaggio: il colloquio»; e infine: «Un colloquio, noi lo siamo dal tempo in cui ‘vi è il tempo’. E’ da quando il tempo è sorto e fissato che noi siamo storicamente. Entrambi – l’essere un colloquio e l’essere storicamente – hanno lo stesso tempo, si appartengono l’un l’altro e sono il medesimo». (da EUGENIO BORGNA, Noi siamo un colloquio, Feltrinelli 1999: Il vuoto esistenziale, pp.120-122)

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I compiti della psichiatria, la narrazione come modalità descrittiva del sintomo, la terapia e i luoghi della cura: i temi al centro della riflessione di Borgna sono ora affrontati con taglio radicalmente psicopatolo- gico e fenomenologico, che mette in primo piano il colloquio interiore che anche nelle pieghe piu profonde della sofferenza psichica ognuno ha con le voci e i silenzi della propria anima. 

Gli orizzonti della conoscenza e della cura in psichiatria. La psichiatria è disciplina medica che si occupa della diagnosi, della comprensione e delle strategie terapeutiche necessarie per avvicinare ciò che convenzionalmente chiamiamo “disturbo psichico”. Ma essa non può sfuggire a certe scelte etiche che richiamano i grandi temi del senso della vita, della libertà, della responsabilità verso le esistenze deboli ed emarginate. La psichiatria ha a che fare soprattutto con la cura, ma la cura non può essere soltanto farmacologica: è anche psicologica e sociale e dipende soprattutto dalla capacità di ascoltare, per cogliere quel colloquio interiore che ognuno di noi intrattiene con le voci e i silenzi della propria anima, anche quando ci si trova persi nelle pieghe più profonde della sofferenza psichica. Questo libro affronta il grande tema della psicopatologia e della sua modernità. Descrive alcune fondamentali condizioni psicopatologiche e le loro strutture portanti mettendo in luce come, tra gli aspetti cruciali della sofferenza mentale, vi siano i modi soggettivi di essere nell’angoscia e nella tristezza, nella disperazione e nella dissociazione, nell’ossessività e nell’euforia, vale a dire i vissuti emozionali di ogni esperienza neurotica o psicotica.

[Da quando noi siamo un colloquio]

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INDICE
Alla ricerca dell’anima

I. La psichiatria, questa sconosciuta
La frequenza dei disturbi
Le cause
Le strategie terapeutiche
L’etica
Il segreto

II. Il misterioso cammino verso l’interno

1. Negli abissi della soggettività
Movendo dalla vita interiore
Cosa ci fa conoscere la psicopatologia
Il cuore come immagine dell’intuizione
Le aree tematiche della psicopatologia
I sintomi come disturbi della comunicazione
Il senso ultimo della psicopatologia

2. Come nasce una condizione depressiva
La definizione di personalità
Gli elementi clinici del discorso
Cosa sono le situazioni patogene
Quali sono le nostre esperienze
I contesti familiari e ambientali
Smorzare le alte tensioni emozionali

3. Le immagini della memoria e del passato
Il tempo vissuto non è il tempo della clessidra
Le dimensioni fenomenologie della memoria vissuta
Il tempo della tristezza e la memoria
Il tempo perduto nella schizofrenia
La memoria del cuore

4. La tristezza leopardiana e la tristezza che si nasconde nella musica
L’evoluzione storica del tema
La tristezza leopardiana
La musica e l’ineffabile
La tristezza motivata
La tristezza che nasce da un cambiamento di casa
La tristezza vitale
Ascoltare, la cosa più difficile

III. La comunicazione sospesa

1. Una maschera ancora, una seconda maschera
Le definizioni
La psicopatologia del mondo-della-vita isterico
Una storia clinica
La fenomenologia
Il gioco volubile delle apparenze
L’immagine che si riflette nello specchio
“Tua res agitur”

2. Il fascino insondabile della dissolvenza, pp.119-131
Il vuoto esistenziale, pag.120
La clinica delle tossicomanie, pag.122
La fenomenologia, pag.125
Il linguaggio del corpo, pag.128
La relazione terapeutica, pag.129

3. Nelle acque immobili del silenzio
Il dialogo come struttura portante della condizione umana
 

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