VERSO LA TERRA INCOGNITA (5): La relazione con l’altro non è tra meri indifferenti e nemmeno puramente psicologica: essa comprende sempre in sé il riferimento al valore dell’esistenza dell’altro. La relazione è sempre etica, mai genericamente sentimentale.

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Sotto qualsiasi rispetto si consideri il suo avvio, l’instaurarsi della relazione con l’altro – anche e soprattutto quella d’aiuto – si configura come un legame affettivo, quando dalla nostra parte si dia l’attivazione degli strati profondi della sensibilità, attraverso il chiaro ed esatto riconoscimento del valore dell’esistenza dell’altro.

Abituati dal senso comune, e dal pregiudizio classico della psicologia e della filosofia, a concepire tutta l’esperienza in una sfera chiusa rispetto al suo “al di là” reale, releghiamo ancora l’esperienza affettiva nella sfera della soggettività pura e semplice e solo “dopo” ci poniamo il problema di come “aprirci” all’evidenza della presenza dell’altro. In realtà, l’esistenza è originariamente aperta al mondo in una modalità costitutiva tale che il suo consistere è sempre già plurale in sé e orientata all’altro, grazie all’intenzionalità della coscienza.

Secondo le teorie classiche, la vita affettiva è chiusa ad ogni esperienza di apertura al vero (cioè essa non è capace di fondare giudizi veri, ma solo giudizi conformi al comune sentire e al sistema delle approvazioni o delle disapprovazioni sociali in vigore), perché, essendo emotivamente fondati, i suoi giudizi sarebbero privi di condizioni di verità, cioè puramente soggettivi Per questa via, il rischio è che non venga mai fuori un’etica, tutt’al più una teoria del carattere socialmente funzionale di alcune disposizioni caratteristiche della specie umana.

Secondo la filosofia freudiana dell’uomo, la gratuità dell’emozione estetica disinteressata è inspiegabile, perché non si aggancia a un bisogno biologico determinato, come è inspiegabile la grazia. Tuttavia, essa ha saputo riconoscere gli affetti “disutili”. L’errore è consistito nell’aver generalizzato: ha ridotto tutti i fenomeni affettivi a una delle due dimensioni della vita affettiva, che sono il sentire e il tendere. La psicoanalisi ha operato una riduzione dell’affettività alla pulsionalità. Questa riduzione è fenomenologicamente infondata e incomprensibile, perché riduzione dei modi del sentire ai modi del tendere. Infatti il sentire è per eccellenza un recepire, e non può di conseguenza essere ridotto a una funzione della sfera pulsionale, la quale è un modo del tendere (aspirazioni, desideri, pulsioni, reazioni), che è – a differenza del sentire – un vettore d’azione.

Nel Novecento, solo la fenomenologia ha saputo affrontare i fenomeni della vita affettiva riconducendoli alla regione ontologica della persona. Questa regione è la base della teoria etica, vale a dire di una teoria dei fondamenti della conoscenza morale.

La migliore antologia dei testi classici della fenomenologia è in Roberta De Monticelli, La persona. Apparenza e realtà – Testi fenomenologici 1911-1933, Raffaello Cortina 2000. Con i classici della fenomenologia noi condividiamo, sulla scia del magistero della De Monticelli, il duplice riferimento di una teoria degli affetti a una teoria della persona e a un’etica. Teoria della persona, questione dell’identità personale, filosofia morale ci servono per fare un po’ di luce sulla nostra frammentaria esperienza morale: sui fondamenti delle nostre convinzioni, sulle ragioni nostre e su quelle degli altri, sull’apparente miseria morale di troppe menti che oggi governano la politica, il mondo e i suoi conflitti, sulla confusione concettuale e sulla tendenziosità ideologica che regnano incontrastate, con i loro esiti nefasti nei domini dell’educazione, del diritto penale, della psichiatria criminale…


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VERSO LA TERRA INCOGNITA

Le basi dell’educabilità di un Educatore (in Exodus) sono tre: muovere verso se stessi, verso gli altri, verso il mondo. La condizione dell’educabilità dei ragazzi dipende interamente dalla capacità di educare se stessi.

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