CAMMINARSI DENTRO (184): In un giorno qualsiasi

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Giovedì, 24 marzo 2011

Ringraziamento

Devo molto
a quelli che non amo.
Il sollievo con cui accetto
che siano più vicini a un altro.

La gioia di non essere io
il lupo dei loro agnelli.

Mi sento in pace con loro
e in libertà con loro,
e questo l’amore non può darlo,
né riesce a toglierlo.

Non li aspetto
dalla porta alla finestra.
Paziente
quasi come un orologio solare,
capisco
ciò che l’amore non capisce,
perdono
ciò che l’amore non perdonerebbe mai.

Da un incontro a una lettera
passa non un’eternità,
ma solo qualche giorno o settimana.

I viaggi con loro vanno sempre bene,
i concerti sono ascoltati fino in fondo,
le cattedrali visitate,
i paesaggi nitidi.

E quando ci separano
sette monti e fiumi,
sono monti e fiumi
che si trovano in ogni atlante.

E’ merito loro
se vivo in tre dimensioni,
in uno spazio non lirico e non retorico,
con un orizzonte vero, perchè mobile.

Loro stessi non sanno
quanto portano nelle mani vuote.

“Non devo loro nulla” –
direbbe l’amore
su questa questione aperta.

WISLAWA SZYMBORSKA

 

La dissimulazione onesta è altra cosa. Più che un mentire è nascondere, velare, quando la parola sia conculcata, ad esempio sotto i regimi autoritari. A fin di bene, come si suol dire, quando sia imprudente esprimere giudizi in presenza di persone che non sono in condizione di comprendere. Altra cosa è nascondere verità sgradevoli e inconfessabili, un disagio che monta e che genera senso di estraneità, nausea.

La fatica che si fa a nascondere il dissenso, il contrasto insanabile, che si ripresenta sempre uguale, anche per anni, è inutile. Puntualmente, ragioni forti, prevalentemente ideali, fanno esplodere la rabbia che, incontrollata, si lascia dietro una scia di vergogna e silenzio. E’ allora che riaffiora il sentimento antico, che accompagna la mia vita nelle cose più importanti: io sono della razza di quelli che se ne vanno.

Il vero silenzio cala dalla parte di chi pure dovrebbe parlare, ché alle proprie ragioni si oppongono ragioni non meno forti, non importa quanto nobili. Di tutti i significati che sono stati dati al silenzio questo è quello che mi piace di più, perché ci vedo dentro la giusta punizione che viene inflitta dalla sorte. La continuazione delle discussioni è vana. Resta solo il silenzio. Nel secondo dopoguerra, in seguito a una crisi economica incomprensibile per quei tempi – considerato il valore della realtà che stava morendo -, la rivista della Resistenza francese Combat si limitò, a un certo punto, a pubblicare l’ultimo numero, che si apriva con un: “Silenzio, si chiude”. Seguì un bellissimo silenzio dalla loro parte, che niente e nessuno riuscì a violare.

Delle cose difficili da accettare da parte di chi è incapace di accettare la realtà degli altri c’è proprio quell’Inconfessabile che permea di sé i giorni. Le regole sono chiare. Vengono ‘rispettate’ per anni. Si obbedisce perché non è concesso altro. Almeno fino a quando non sia più possibile contenere dentro di sé il malessere, che monta fino ad esplodere in modo apparentemente immotivato in un giorno qualsiasi.

Goleman ha scritto assieme al Dalai Lama un ponderoso volume sulle emozioni distruttive – rabbia, illusione, desiderio -, tanto da farci sentire quasi al riparo da vizi ed errori che accompagnano la vita quotidiana. Ci dedichiamo con metodo e puntiglio ad esercizi spirituali che valgano a rendere la nostra anima candida e vergine, com’era in origine, quando ci è stata consegnata per l’uso. Ce la mettiamo tutta per essere civili e ipocriti quanto basta, se non riusciamo ad essere schietti e franchi e autentici e sinceri e veridici e trasparenti e disponibili, per non far trasparire sentimenti negativi, propositi di rivalsa, quando non inveterati rancori. Non vogliamo che la piena delle emozioni rompa gli argini! E’ necessario tacere! Tacere è un dovere morale! Non possiamo compromettere il lavoro altrui! Il ‘sacrificio’ – la mancata compensazione – di tutte le proprie frustrazioni e delusioni è compito di sempre. Non abbiamo forse fatto a meno di chiedere per noi, dovendo prima di tutto provvedere ad altri? Ha senso, allora, discriminare tra buone e cattive passioni, se nella mescolanza quotidiana c’è sempre di tutto e sempre bisogna sceverare, provvedendo a liberarsi della spazzatura dell’anima? Cosa sarà mai se un bel giorno non riusciremo a sbarazzarsi efficacemente della merda di turno? Sappiamo bene che ci sarà presentato il conto! Pagheremo, certo. Però, ce la mettiamo tutta per mettere tra parentesi non solo l’uggia più innocua o il pensiero della nostra casa, ma ogni più strano sentire, perché l’Angelo finalmente venga fuori a rischiarare e illuminare. C’è bisogno di luce, non di acqua calda.

Accade pure che tutte le buone intenzioni vadano a farsi friggere in un giorno qualsiasi, in cui ci abbandoniamo all’ira incontrollata e ci giochiamo in pochi minuti il lavoro di decenni. Dopo, è pace e silenzio intorno, come dopo una ridicola battaglia. Salvo riconoscere che sul campo c’è un solo morto.

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