Camminarsi dentro (25): C’è un tempo della vita che sfugge alle ingiurie del mondo.

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C’è un tempo della vita che sembrerebbe non tempo, se non intervenisse il cuore a ribellarsi all’ingiuria del mondo, che mi vorrebbe rassegnato e fuori gioco, inerte e preso dal tedio, insofferente del lungo scorrere del tempo, che dovrebbe sancire solo la vita trascorsa e vissuta e compiuta ormai… Accade invece di svegliarsi con un più acuto sentimento del tempo, con la consapevolezza nota della brevità della vita, cosa che è tale per tutti, ma senza rimpianti. Con la saggezza che viene dalla riflessione ininterrotta e dall’esperienza del dolore, per cui  il tempo trascorso è stato tempo vissuto con pienezza, e una parte grande di esso è stata donata agli altri con disinteresse e gratuità. Con questa saggezza, cioè con la consapevolezza di avere scelto il Bene e di averlo chiamato il Bene, è facile ricordare il Bene ricevuto. Fedele alla sentenza Chi non ricorda il bene che ha ricevuto non spera, posso dire che io ricordo; io so bene quanto ho ricevuto dagli altri.  Mi muove la speranza. Penso al futuro. Guardo avanti e immagino altri giorni felici, vissuti cioè virtuosamente, senza affanni né irrequietezze. Dovrei sentirmi povero e infelice? Rimpiangere un tempo che poteva essere impiegato meglio? Io ho impiegato bene il tempo migliore della mia vita, perché ho insegnato a scuola  al mattino e ho continuato al pomeriggio nel Centro di ascolto il lavoro educativo con i giovani.
I delinquenti al governo, che puntano a distruggere la scuola pubblica, non investendo denaro per essa, ma togliendole addirittura denaro, non possono nulla contro il lavoro che centinaia di migliaia di insegnanti fanno quotidianamente per questa sventurata nazione! Il fango che gettano sul lavoro degli insegnanti può solo indebolire l’azione educativa, ma non può distruggere le speranze di milioni di ragazzi che amano la scuola, perché in essa incontrano ogni giorno i loro simili, sperimentano la vita in tutte le sue forme e imparano a conoscere il mondo.
Senza riforme e a dispetto di tutte le inutili trasformazioni intervenute nel tempo, dal 1973 al 2008 sono salito sulla cattedra e ho parlato con i ragazzi. Con la lavagna e con il gesso, con la cattedra e con i banchi e con i libri di testo, abbiamo letto e scritto, abbiamo ascoltato e parlato. Abbiamo descritto il mondo. Abbiamo compreso i testi letterari e non. Abbiamo parlato delle cose apprese e abbiamo cercato sempre nuova conoscenza. Abbiamo espresso con la scrittura i sentimenti religiosi e morali, i pensieri e le speranze. Abbiamo dato forma al magma sottostante, a tutto quello che si agitava nella mente e nel cuore. Siamo cresciuti.  La scuola continuerà a vivere sempre, a dispetto dei fascisti e degli ideologi del libero mercato, che mirano a ridurre a merce tutto, per poter comprare e vendere tutto, anche ciò che non avrà mai prezzo.
I genitori di Libera Mente hanno voluto festeggiare il 25 settembre il compimento dei 60 anni da parte mia. Su una grande torta hanno voluto che fosse scritto: Per i tuoi sessant’anni vissuti con dignità. Se questo è vero, dovrei immaginare di non avere ora più dignità, solo perché un italiano, cioè un berlusconiano, ritiene che io sia vecchio, cioè inutile? Il cancro che divora l’Italia è vecchiaia e sudiciume, non la mia vita!
I giorni successivi all’infarto, nel 2000, furono segnati dalla sensazione netta che non di me solo si trattava: mi ritrovavo a pensare che, se mi sentivo fragile come il vetro, la vita degli altri non era meno fragile. Pensavo, anzi, a quanti si portano dentro una stenosi coronarica senza saperlo! Quanti vivono dissipando il bene della salute, contribuendo così ad accorciare il tempo concesso da vivere ancora!? Quanto era lunga ancora la mia vita e quanto la loro, quella dei sani che forse credevano di essere più sani di me?

C’è che questo tempo mi appartiene per intero, più di quanto non sia per chi mi riserva le sue ingiurie e magari vive ‘indaffarato’, come insegna Seneca, senza avere tempo per le cose belle e senza la capacità di godere di esse in pace. Tra queste ultime, ci sono le stesse cose di prima per me, nessuna esclusa. Se prima era scuola più colloqui pomeridiani nel Centro di ascolto, cioè lavoro educativo; ora è colloqui pomeridiani, cioè lavoro educativo, a cui si aggiunge lo studio più intensivo, la lettura, ma soprattutto la scrittura, accanto al lavoro educativo. Studio, lettura e scrittura sono finalizzati al lavoro educativo. Le ingiurie del mondo, allora, suonano oscure, ché non di me si parla quando si dice che sarei vecchio e pensionato, cioè fannullone, come amano dire i fascisti al governo, oggi.
Un tempo i vecchi e la vecchiaia erano considerati venerandi. Questo tempo di bulli e dispudorati, che non ha il senso del limite, incontrerà il proprio limite solo nelle catastrofi che puntualmente stanno arrivando. Non che io speri qualcosa!: gli stupidi per definizione non apprendono mai nulla. Tuttavia, sono costretto a distinguere tra vecchio e vecchio. Se i vecchi sono disprezzati e dimenticati, oggetto spesso di violenza, sfruttati quando hanno qualche soldo; non per questo, mi sentirò parte della massa informe e senza nome di coloro i quali sono misconosciuti da questa sventurata nazione, interamente berlusconizzata e vittima morale delle mafie di ogni genere, nonché del suo familismo amorale. La responsabilità personale sotto la dittatura, di cui parlava Hannah Arendt, si applica per me anche ai tempi presenti: la viltà degli italiani risplende in tutta la sua grandezza.
Se una volta l’ultima età della vita era sempre riconosciuta e rispettata, le derive del tempo hanno provveduto oggi a dissolvere ogni cosa. Non poteva essere risparmiata la vecchiaia. Se i cosiddetti italiani rinnegano il loro passato fascista, per poter tornare allegramente a fare quello che hanno già fatto, con un altro nome, non c’è speranza per questa che non è mai stata una nazione che i suoi figli – non importa quale sia la loro età – vengano rispettati da gente che non pronuncia mai la parola cittadino: questi sono gente, telespettatori, tifosi. Niente altro.

Il tempo che viene è di una qualità speciale, sapido come i frutti d’autunno che siano stati lasciati maturare in pace. Questo tempo che mi viene incontro è fatto di musica, di luce, di dolci amici, di sogni probabili e lieti, di ricche letture e scoperte, soprattutto di scoperte. Perché il tempo che non è tempo è solo quello di chi non conosce lo stupore che si prova di fronte alla bellezza morale e con occhio malevolo si avvelena l’anima, invidiando la mia pace e la voglia di continuare a stupirmi delle cose belle. Lascio a chi sa solo ingiuriare la vita l’affanno e l’avidità del tempo che non basta mai, perché il suo impiego è segnato dall’assenza della compassione e dal tedio. Le persone stupide – cioè cattive – continueranno a cercarmi dove non sono. E’ bene che non sappiano dove maturano i frutti di questa stagione. Non si prenderanno certo cura loro del mio giardino! Ma non per questo verranno meno i colori e i profumi, che l’aria spande intorno anche per me.

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