Il Segreto

Martedì 26 marzo 2013

CAMMINARSI DENTRO (469): Il Segreto

«C’è un solo segreto, tra i valori maschili, ed è il segreto del padre: il padre che si fa segreto, che tace gli affanni, senza rinunciare al respiro lungo della vita distesa, che scioglie i grumi di dolore e rende giustizia dei diritti di ognuno nella propria mente ospitale. Il padre, infatti, è il lungimirante».

All’appuntamento con la vita solitamente si arriva impreparati come genitori: i titoli di studio non aiutano a fare bene. Se non fosse così, dovremmo concludere che gli Psicologi, in quanto scienziati dell’anima, saranno i migliori genitori! Tutte le altre categorie professionali, d’altra parte, avrebbero da rivendicare ‘competenze’ utili. Quale artigiano rinuncerebbe a credere, ad esempio, che la casa va avanti per i lavori grandi e piccoli che è in grado di fare, non solo per l’ordinaria manutenzione?
Non appena ci accingiamo a dire la ‘cosa’ – e la ‘cosa’ è l’oggetto del contendere, cioè l’Educazione, il modo in cui aiutare un figlio a crescere – le nostre ‘competenze’ si sciolgono come neve al sole. È lo ‘spettacolo’ della vita stessa che, fin dal suo primo apparire, ci costringe a rivedere il nostro lessico, il significato da sempre dato alle cose, il posto che occupiamo nel mondo. Non c’è una scienza conchiusa a cui attingere.

È stato detto che quando nasce un bambino in realtà nasce una madre. Quando nacque Sara, ebbi la sensazione forte che il mio organismo stesse subendo brusche trasformazioni. Quando nasce un bambino, nasce anche un padre.
Io credo, invece, che il padre fosse già presente in me, da molto tempo. Ne ebbi un chiaro sentore quando mio padre mi mise davanti una lettera che veniva dalla Direzione generale della Banca in cui lavorava. Mi disse: «Leggi e dimmi quello che c’è scritto». In seguito, volle che scrivessi io la risposta per lui. Avevo solo quattordici anni. Frequentavo il IV Ginnasio. Cosa aveva visto mio padre in me? solo una competenza linguistica?, peraltro ancora allo stato nascente! Oppure, come a me piace pensare, una misura, una saggezza che serviva in un momento di gravi decisioni?

Osservando in classe i nuovi alunni anno per anno e nel corso della loro crescita come studenti, ho avuto spesso la sensazione viva che in molti ragazzi ci fosse già il padre, per un senso della dignità personale, per la riservatezza, per la lungimiranza, per il rispetto delle ragazze e per la capacità di essere fattore di protezione per i deboli, fin dal primo anno della Scuola Media Superiore! Essi erano in grado di reggere all’urto delle situazioni dirompenti senza perdere la calma; sapevano assorbire in silenzio torti e mortificazioni a cui le circostanze suggerivano di non rispondere, per prudenza; erano equilibrati nei giudizi; capaci di mantenere i segreti; generosi e irreprensibili nell’amicizia.

La giusta ira che mi porto dentro oggi riguarda le persone che giocano con la sensibilità maschile e le situazioni in cui del valore maschile non risalta nulla. La sensazione nevrotica di non essere stimati né rispettati come padri è forte.
Con la storia del “padre assente”, tutti si approfittano vilmente delle situazioni per ritagliarsi spazi indebiti che tolgono la parola ai maschi, mostrando ignoranza criminale dell’umanità maschile, della sofferenza silenziosa in cui si consuma la condotta personale, in mezzo alla violenza delle parole che si sostituiscono alle persone e alla loro realtà umana.

Anche nel lavoro sociale che svolgo nel Centro di ascolto predomina la chiacchiera da bar sui padri, che sarebbero assenti, che arrivano ultimi alla battaglia contro la droga…
Il momento cruciale e decisivo di tutto il cammino di recupero dei ragazzi, tuttavia, è dato sempre dalla (ri)scoperta del padre. Il compimento dei processi riparativi e ricostruttivi è dato dai momenti di incontro tra padre e figlio.
Quello che si diranno, poi, è bene che resti patrimonio di chi è disposto ad ascoltare la vita e a rispettarla nella sua realtà segreta.

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