Ricordare e dimenticare

A me piace dire: Non me lo ricordo. Lo dico spesso. Sarò svanito di testa! Deboluccio, in quanto a memoria! Ma, se qualcuno mi chiede notizie su questa o quella cosa, mi accade spesso di dire: Non so. Non lo so. Non ricordo. E forse dipenderà dal fatto che non mi piace essere impreciso, dover dire cose approssimative, di cui pentirmi poi. Non mi piace dover chiedere scusa, per aver detto una cosa di cui non ero assolutamente certo. Chissà cosa penserà di me chi è abituato a pensarmi come persona “che sa tutto”! Mi diverto a pensare che troverà incomprensibile, addirittura un vezzo ostentato da me, la dichiarazione di ‘ignoranza’ allegramente proclamata. Ma le cose stanno così! Non ricordo. Mi accade di pensare, per conto mio: ma quante ne vuole sapere questo! Ma cosa se ne fa di questa notizia! A me non interessa ricordare quello che secondo lui io dovrei sapere bene! Le cose stanno proprio così. Mi godo la pace del mio nulla. Zanzotto ha esaltato il suo ricchissimo nihil. Doveva trattarsi di qualcosa del genere: la piacevole sensazione di scoprirsi vuoti, ma non del vuoto di idee e di valori in cui ‘amano’ naufragare le persone afflitte da disagi o da disturbi sociali, quando non psichiatrici! Parlo di quell’atteggiamento di fronte alla realtà, fatto di estrema umiltà, che mi porta serenamente a riconoscere il valore delle cose altrui, delle cose dette e fatte, perfino delle chiacchiere che reclamano credito, ad esempio nel tossicomane, che vuol essere creduto, anche quando lui stesso sa che non è così! A me piace accontentare l’illuso di turno, concedergli il piacere di vedere che gli credo, salvo fargli notare successivamente che la concessione di una linea di credito esige sempre solvibilità da parte del ‘cliente’. Non si può pretendere fiducia assoluta! Per questo, mi piace ‘presentarmi’ spoglio di orpelli sapienziali. Il carico delle cose conosciute per me è stato sempre un fardello da portare. Quando mi sveglio al mattino provo la piacevole sensazione di non sapere più niente di tutto quello che sapevo fino al giorno prima. Allora corro a comprare il giornale, per vedere ‘cosa c’è’. Mi dedico alla preghiera mattutina, consapevole del fatto che non so. Non ricordo. Questa condizione privata, solo psicologica, pertiene al grado basso della pigrizia da cui provengo, dall’inerzia con cui la vita procede, dal fondo enigmatico e buio dal quale ci accade di divinare quotidianamente, dal luogo in cui mi accade di improvvisare quando al mattino ‘salgo in cattedra’ e prendo a parlare, meravigliandomi di quello che tiro fuori. Allora ‘scopro’ che non è vero che non ricordo nulla. Gli archivi sotterranei sono ancora tutti efficienti. I tesori in essi custoditi rivelano l’esistenza di autentici giacimenti della conoscenza, che sono fatti di idee distillate per decenni, provate al fuoco della realtà, motore dell’esistenza. L’ignoranza allegramente esibita si rovescia, allora, nel suo contrario, si fa intuizione aurorale di catene di idee che si stagliano lì, davanti a me, e che chiedono di farsi concetto e voce finalmente. La costruzione di costellazioni di senso faticosamente avanza, attraverso i nodi e le svolte e le mosse del pensiero. L’accesso all’invisibile gioiosamente procede, per anfratti e foreste intricate. Gli indecidibili e i presupposti, antecedenti e impliciti affaticano la mente nel suo lavoro di Sinngebung: la costruzione di senso riempie i giorni; si fa discorso, pagina, opera, lezione, scambio emotivo, contatto.

Trent’anni fa Aldo Moro è stato assassinato barbaramente dalle brigate rosse: allora mi vergognavo già di essere stato comunista, anche se il bisogno di giustizia e l’ideale dell’uguaglianza tra gli uomini e le donne non mi avrebbero abbandonato più. Grazie all’amico splinderiano amalteo, oggi non ho bisogno di rovistare nella memoria per ricostruire la pena, il dolore, la rabbia, a tratti la disperazione che ci prese nei giorni in cui la politica egualitaria usciva sporcata irrimediabilmente da chi usava il colore rosso per rivendicare assurdi primati. Molte cose sono morte con la menzogna e il gesto violento. Anche qualche speranza. Ritrovarsi oggi in un’italia che viene definita stanca e distratta – come se i popoli potessero permettersi il lusso di dimenticare la loro storia! -, attratta più dalle sirene televisive che dalla preoccupazione di dare un futuro dignitoso alle generazioni che verranno… ritrovarsi in questa piccola italia, mi fa sentire acutamente la nostalgia per uomini come Aldo Moro, che ho amato e rispettato in vita, anche se lontani dalle mie idealità politiche immediate, ma che non ho mai smesso di ricordare e di rimpiangere, se li paragono ai nani che si apprestano a governarci, a questa gente senza idee, senza ideali, senza dignità, senza la capacità di rispettare i propri avversari politici che ha fatto le stagioni politiche passate e gli uomini e le donne degni di questo nome.

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