Bisogno di padre

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Dopo aver trascorso quattro giornate intere con i ragazzi della Carovana di Exodus – nove mesi da passare in bicicletta attraverso l’Italia -, in un vecchio Convento di Brindisi che li ospita, mi sono fermato a far riposare il cuore. Le emozioni provate sono state tante, alcune delle quali particolarmente forti.

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Dall’accoglienza di  William, il ragazzo che ho accompagnato io, all’abbandono di Luciano, un ventenne di Scampia in fuga dalla camorra; dall’incontro con l’Arcivescovo Talucci all’abbraccio con i genitori di Vito, un quarantenne che ha ricevuto proprio il giorno di domenica la notifica dai Carabinieri della  scarcerazione anticipata. Ho visto tutti i ragazzi sfilare in Chiesa fino all’altare, dove si sono recati per ricevere l’Eucarestia. Ho sentito alto l’applauso, alla fine della Messa, quando il prete ha indicato le prime file, dove eravamo seduti noi, per segnalare la presenza dei “ragazzi di don Mazzi”, in esodo dalla loro schiavitù, impegnati a pedalarsi dentro, alla ricerca delle radici della loro anima.

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Ho risentito il profumo del mare e il vento caldo del pomeriggio baciarmi la faccia. Ho stretto molte mani e ricevuto abbracci e baci a non finire.  Ho partecipato a momenti intensi di confronto e di aspro contrasto. Ho avvertito la dura fatica del cammino di liberazione, il lavoro degli Educatori e il dolore nascosto di chi ha smarrito ogni nozione di sé. Ancor più doloroso è stato sentire da Giorgio che non sa di sé, poiché ha iniziato a far uso di sostanze  all’età di quattrordici anni: ora non ricorda chi era prima; sente di non aver mai avuto un’esistenza; deve costruirsi dalle fondamenta e non sa come iniziare, da cosa partire. Il compito di tutti è aiutarlo a trovare.

La testimonianza di Luca dall’altare e i vissuti affiorati durante la Parola – il confronto in cerchio tipico di Exodus, inteso sempre a restituire valore di sacralità alle parole – hanno fatto emergere un dolore muto e profondo: il rammarico per il padre assente; i capricci, l’immaturità, la violenza gratuita di padri mai cresciuti, distratti e superficiali nel loro amore svogliato e stanco. Molti hanno pianto, ricordandomi il dolore antico dell’uomo, quando sente che la casa è scossa dal vento e non si può fare niente per fermarlo o dirigerlo altrove. A niente vale aver chiesto che la propria casa fosse risparmiata: lo spettacolo che si presenta oggi è fatto solo di macerie fumanti, che stanno lì a ricordare il poco amore, quando non addirittura il disamore, le vane attese e i rimpianti. L’esistenza spezzata è nuda verità, domanda d’amore inevasa. Soltanto una canzone intonata in coro può intervenire a lenire il dolore di ognuno, per coprire il pianto silenzioso e far tacere il vento. Perché non prevalga il rancore.

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