CAMMINARSI DENTRO (176): Declinare crescendo

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Mercoledì, 16 febbraio 2011

Devi saperti immergere, devi imparare,
un giorno è gioia e un altro giorno obbrobrio,
non desistere, andartene non puoi
quando è mancata all’ora la sua luce.

Durare, aspettare, ora giù a fondo,
ora sommerso ed ora ammutolito,
strana legge, non sono faville,
non soltanto – guardati attorno:

la natura vuol fare le sue ciliegie
anche con pochi bocci in aprile
le sue merci di frutta le conserva
tacitamente fino agli anni buoni.

Nessuno sa dove si nutrono le gemme,
nessuno sa se mai la corolla fiorisca –
durare, aspettare, concedersi,
oscurarsi, invecchiare, aprèslude.

GOTTFRIED BENN

Declinare crescendo è un ossimoro che può andar bene per rappresentare un’età della vita in cui al progressivo venir meno delle opportunità si associa una sempre più chiara capacità di visione.

Il chiasmo che viene fuori incrociando la linea discendente del ‘declinare’ con la linea ascendente del ‘crescere’ è fuorviante per me: invecchiare non è declinare e crescere non è salire. Al contrario, crescere è scendere, e questo scendere è avvicinarsi sempre più alla realtà.

Dicevamo che l’ossimoro può andar bene, a condizione che esca attenuata l’immagine del declinare: si tratta della sera della vita, con la sua penombra e il sapore delicato di tutte le cose note che ritornano a bussare alla mente e al cuore con un volto sempre più familiare. Cessa il tumulto delle passioni, anche se esse non si spengono. L’affanno per il sempre nuovo cede il passo a una valorizzazione di tutto quello che si ha già. Ci si guarda intorno, per scoprire quanto sia ricca la casa di occasioni di vita, dalle cose alle persone. Tra le cose, i tanti libri acquistati e mai letti, perché aspettiamo il momento opportuno per farlo, o perché la loro lettura è stata interrotta. Si tratta di riprendere le letture interrotte. Avendo lavorato intensamente con passione per decenni, si sfrutta la rendita di posizione derivante dai riconoscimenti affettuosi che non mancano mai di arrivare. Sono sempre il Professore, dopo tutto. Non debbo fare nessuna fatica, per sentirmi ancora un amico della verità. Quando mi sveglio al mattino, lo so che sono (stato) un Professore. In Trentino – fra il ’74 e il ’76 – il maggior industriale della città di Rovereto, quando veniva al ricevimento dei genitori, mi chiamava “signor professore”. Un giorno gli chiesi perché mi apostrofasse così. Rispose: “Perché lei insegna a scrivere a mio figlio”. Non mancava mai di fare l’inchino, quando arrivava e quando si allontanava. Ho imparato da lui a fare altrettanto. Esprimo la mia infinita riconoscenza con l’inchino. Tutto questo – l’onda dei ricordi, che cresce di giorno in giorno – e altro ancora non mi sembra (ancora) un declinare.

E’ stato James Hillman a farmi scoprire che crescere è discendere. Il capitolo più bello de Il codice dell’anima è intitolato: Crescere, cioè discendere.

Finché la cultura non riconoscerà che crescere è discendere, tutti i suoi membri si ritroveranno ad annaspare alla cieca per dare un senso agli obnubilamenti  e alle disperazioni di cui l’anima ha bisogno per penetrare nello spessore della vita. Le immagini organiche della crescita si rifanno al simbolo preferito della vita umana, l’albero, ma io voglio capovolgere quell’albero. Il mio modello di crescita ha le radici nel cielo e immagina una graduale discesa verso le cose umane. […] E’ facile vedere le conseguenze sul piano etico di questa immagine capovolta: l’immergersi dell’individuo nel mondo testimonia della discesa dello spirito. La virtù consisterebbe nel rivolgersi verso il basso, come nell’umiltà, nella carità, nell’insegnare, nel non essere superbi. […] – pp.63-70

Un segno di come non si tratti, in verità, di ‘salire’ è stato dato nella mia vita dall’esperienza amorosa e dalla cognizione dell’amore. Tutta la tradizione occidentale ci ha convinti del fatto che l’amore edifica, innalza, nobilita, migliora… In breve, spinge verso l’alto. Forse, proprio questa ‘immagine’ delle cose ci ha traviati, inducendoci ad assegnare alle cose significati sbagliati. Non è forse vero che il carattere delusorio dell’amore e la scoperta che è possibile legarsi lungamente a persone che poi si rivelano anche ai nostri occhi molto ‘meno’ di quello che credevamo costituiscono un autentico sapere di cui ci sono scarse tracce nella letteratura sull’amore? Chi insegna ai ragazzi di che cosa sia effettivamente fatto l’amore? Voglio dire, per non essere frainteso, che anche la persona più complicata e contraddittoria e problematica e infelice richiede che ci inchiniamo di fronte a lei per poterci innalzare fino a ‘raggiungerla’. Discendere è anche questo prendere atto che non siamo migliori delle altre creature e che la creatura più sfortunata può, per avventura, diventare oggetto del nostro amore, e allora ci sarà ben poco da ‘salire’. Se non ci inchineremo di fronte alla sua umanità, non riusciremo mai a sollevarci fino a lei.

Ma l’esperienza amorosa – la personale esperienza – e la conoscenza dell’esperienza altrui non sono state le sole occasioni offertemi dalla vita perché mi rendessi conto della verità delle parole di Hillman. Di quest’altro tornerò a parlare.

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