le mie Pratiche filosofiche

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Pensare è entrare nel labirinto, più esattamente è far essere e apparire un labirinto, quando si sarebbe potuti restare adagiati tra i fiori, giacendo di fronte al cielo. (Cornelius Castoriadis)

Con l’espressione «le mie Pratiche filosofiche» intendo riferirmi al mio modo di usare la Filosofia nella vita quotidiana, nell’attività educativa, nel lavoro sociale. In realtà, tutta la mia esperienza esistenziale è ormai orientata nella direzione della Pratica filosofica.  L’unità della persona non si lascia ‘dividere’ dai ruoli sociali in cui pure si esplica. Tutte le relazioni  private, come quelle che mi vedono impegnato nella veste dell’Educatore, sono impregnate di spiriti filosofici. In ognuna di esse porto in dote la tensione costante verso la conoscenza, lo sforzo di revisione continua delle idee, lo sguardo fenomenologico. Più che una generale interpretazione di scuola, più che l’adesione a una delle scuole aperte in Italia, la pratica dell’orientamento filosofico da me perseguita si basa sul colloquio di motivazione e sull’ascolto.

Nella vita quotidiana, che è il ‘mondo della vita’ (Lebenswelt), come muoversi nelle reti in cui siamo immersi, se non operando una ininterrotta azione di ‘decentramento’, per (ri)mettere sempre l’altro al centro, là dove soltanto è possibile incontrarlo? L’opera di valorizzazione dell’esistenza dell’altro è all’origine delle risonanze affettive che aiutano ad attivare gli strati profondi della sensibilità personale.

L’azione educativa – condotta prima nella scuola ora solo nel volontariato – è stata sempre educazione del pensiero ed educazione del linguaggio, nello sforzo continuo di istituzione delle necessarie interazioni tra pensiero e linguaggio. Così è stato per la scrittura, come è stato per le altre abilità da sviluppare nei ragazzi.

E’ compito degli adulti indicare la strada e cercare di orientare verso mete condivise i ragazzi che crescono. Altro non è dato fare. La conoscenza che si ‘trasmette’ in realtà resta nella mente e nel cuore dei ragazzi solo se essi sono aiutati a ricreare la conoscenza nella loro mente, se le conoscenze che dovrebbero acquisire sono organizzate da loro nella loro mente.

Insegnare a pensare è il primo obiettivo da mettersi davanti. Lo sviluppo della sensibilità personale, il suo affinamento nel tempo sarà conseguenza necessaria delle scelte tematiche che si faranno: la religione, la letteratura e la scienza, l’educazione corporea e l’identità di genere saranno i campi e i metodi a cui ricorrere per educare la mente dei ragazzi alla ricerca di sempre nuova conoscenza.

Lo sviluppo dell’attitudine alla ricerca favorisce la crescita del sentimento di umiltà di fronte alla natura e di fronte alle persone, che restano un territorio da esplorare e con cui costruire relazioni significative. La vita della mente, le grandi categorie e le idee della Filosofia, i segreti della relazione, i concetti fondamentali del vivere quotidiano sono la ‘materia senza metodo’ a cui occorre applicare un metodo.

Ad esempio, la coppia mythos/logos consente di curare per anni mythos e logos come voci di glossario. I due termini si studiano nei loro significati di base. Se ne definisce il concetto. Si schedano gli usi. La barra che li separa viene inizialmente intesa come opposizione, come se fossimo di fronte a una coppia di contrari, come se tutto quello che mettiamo a sinistra della barra fosse il contrario di quello che mettiamo alla sua destra.

Si lavora lungamente intorno a tutto ciò che è classificabile come oralità, poesia, mistero, irrazionale, prerazionale, racconto, mito… Si costruisce l’idea di mythos, come costellazione di senso che risulta dall’affastellarsi dei significati che la parola assume nei contesti culturali in cui viene usata. I miti antichi e i miti moderni. I racconti fantastici e fantascientifici, le fiabe e le favole. Elegia, lirica, tragico, narrazione…

Si decide alla fine di raccogliere sotto la ‘categoria’ del prerazionale ciò che non è negazione della conoscenza, perché la letteratura, la musica, le arti figurative, ad esempio,  sono una forma di conoscenza della realtà: si attenua, così, la forza oppositiva della barra.

Si lavora poi intorno a tutto ciò che è classificabile come scrittura, discorso, scienza, razionalità…

Si decide alla fine di raccogliere sotto la categoria del razionale ciò che non è negazione dell’umano, se pensato congiuntamente al prerazionale. L’errore di Cartesio è stato quello di separare il pensiero dai sensi, ma soprattutto dalle emozioni e dagli affetti.

Si prosegue, così, per anni – ho lavorato sul modulo tematico mythos/logos per tutto il quinquennio con le mie classi, a partire dallo studio della mitologia antica -, fino a portare i ragazzi a comprendere i necessari ‘transiti’ da un termine all’altro della coppia filosofica. I due termini, che saranno cresciuti nel tempo fino a diventare voci di glossario, favoriranno nei ragazzi più articolate e profonde capacità di categorizzazione dei temi di studio e dei contenuti dell’esperienza personale. Un metodo che proceda ‘dal basso verso l’alto’ aiuta ad acquisire le categorie indispensabili per lo sviluppo del pensiero.

La risorsa più preziosa di cui disponiamo è l’Enciclopedia Einaudi, una sintesi del sapere umano racchiusa in 600 voci che rimandano l’una all’altra con modalità ipertestuale, raccordate con Ricoprimenti tematici, con il criterio di ‘pacchetti’ di voci che corrispondono alle aree disciplinari del nostro tempo.

Il suo modello viene illustrato nel tempo, per educare all’idea di un sapere che si organizza nella nostra mente con una semantica a enciclopedia, più che con una semantica dizionariale.

Il modulo tematico che abbiamo sommariamente tratteggiato per dare un’idea di ciò che intendiamo per educazione del pensiero, a partire da esperienze di pensiero, ‘si conclude’ con l’approdo alla scoperta degli ipertesti. L’organizzazione della conoscenza nella mente dei ragazzi ha bisogno di organizzatori dell’esperienza: l’ipertesto e le mappe mentali e concettuali sono gli strumenti più potenti di cui disponiamo.

Ciò che i miei alunni ricordano non è il sentimento generico di affetto da me provato per loro. Essi ricordano la cura che è stata riservata alla loro mente. Essi hanno imparato a pensare. Sanno che la vita degli affetti non deve mai essere disgiunta dalla cura dello spazio interiore, che la mente deve creare, per poter poi dialogare con se stessi  ed esaminare le azioni che la coscienza ci mette davanti al termine di una giornata.

Educazione del pensiero ed educazione del linguaggio debbono essere condotte indicando sempre chiaramente che non si dà solo passaggio dal pensiero al linguaggio. Esperienze di pensiero ed esperienze di linguaggio contribuiranno a generare la necessaria interazione tra pensiero e linguaggio. Esperienze di linguaggio importanti concorreranno all’educazione del pensiero.

Le parole per dire la realtà sono note. Lo stesso termine Realtà è compito. Hugo von Hofmannsthal ha scritto ne Il libro degli amici: «Lo spirito sano cerca il reale, e l’insano si attacca all’irreale», ma, più avanti, «Chi afferra la massima irrealtà plasmerà la massima realtà». Imparando a fare i conti con i propri fantasmi si impara a conoscere una parte grande del profondo. Sarà possibile osservarsi vivere, imparando dall’esperienza. Lunghi anni occorrerano per sceverare vero da falso, ma alla fine scopriremo chi noi siamo.

Gli adulti hanno il dovere di studiare la realtà dell’anima e i domini dell’Etica, per aiutare i ragazzi a crescere armonicamente. Non basta essere onesti. E’ importante, per la vita stessa dei ragazzi, sapere chi noi siamo, ciò che vale per noi, ma, soprattutto, ciò che vi è, quello che accade fuori, quali sentimenti provino le persone nella realtà che cambia, quale sia la natura delle persone che appartengono alle nuove generazioni, che sono il ‘risultato’ di cose che ci sfuggono. Così facendo, riusciremo qualche volta a individuare la natura del disagio dei ragazzi e avremo modo di intervenire a loro sostegno.

Dobbiamo inchinarci di fronte alla realtà, praticare l’umiltà che ci hanno insegnato gli scienziati e i filosofi che hanno fondato la scienza moderna, perché «la natura ama nascondersi».

Su questo aforisma di Eraclito il filosofo francese Pierre Hadot ha composto un’opera – Il velo di Iside. Storia dell’idea di natura. Einaudi 2004 – che è il risultato di quarant’anni di studi su venticinque secoli di storia della cultura. Lo svelamento dei segreti della natura, tramite la tecnica, il discorso, la poesia, l’arte, ci conduce al mistero dell’esistenza, al terrore e allo stupore. La «buona sentenza» di Eraclito, che resiste ancora al tempo, ha subito comunque mutazioni nel corso dei secoli. «Abbiamo visto come le tre parolette di Eraclito abbiano significato, di volta in volta, che tutto quanto nasce tende a morire, che la natura è difficile da conoscere, che essa si avviluppa in forme sensibili e in miti, che essa nasconde virtù occulte…».

E’ nostro dovere seguire il cammino della scienza, di tutte le scienze, soprattutto delle neuroscienze, perché da queste ultime dipenderanno molte conoscenze sulla natura umana, a partire dalla considerazione dei rapporti tra mente e cervello.

La studiosa di Filosofia morale Laura Boella ha pubblicato recentemente un’opera intitolata Neuroetica. La morale prima della morale (Raffaello Cortina Editore, 2008), in cui avvia lo studio delle tecniche di neuroimaging, alle quali si ricorre per rilevare e visualizzare l’attività cerebrale: l’uso di queste tecniche sta cambiando l’approccio alla malattia mentale e lo studio della fisiologia che è alla base delle attività cognitive, delle emozioni e dei comportamenti.

Nella primavera del 2006 ho invitato la professoressa Boella nella mia scuola a tenere un incontro-dibattito sulla sua opera Sentire l’altro. Conoscere e praticare l’empatia (Raffaello Cortina Editore, 2006). Il suo intervento e il dibattito – La scoperta dell’altro – che seguì furono filmati da me e sono a disposizione all’indirizzo: http://www.box.net/shared/2906n39nlj.

Fino a qualche anno fa, Umberto Galimberti si chiedeva se l’empatia fosse una capacità innata o una capacità acquisita. In seguito alla scoperta dei neuroni specchio, che sono responsabili della capacità di comprendere quello che l’altro sente, possiamo dire che ogni essere umano possiede capacità empatiche.

Queste ultime, allora, andranno curate, sviluppate, educate, perché il ragazzo che cresce comprenda sempre meglio quello che gli accade intorno. Di qui l’importanza della conoscenza della Realtà umana, cioè della natura umana, del rapporto mente-cervello, delle funzioni superiori dell’uomo, della vita della mente, degli affetti, della natura delle relazioni sociali.

Può venire in nostro aiuto lo studio dei disturbi di personalità, che sono un ‘estremo’, un ‘modo d’essere’ sicuramente lontano dalla ‘normalità’.

Se una ragazza come Erika uccide madre e fratello senza uscirne schiantata e senza provare in seguito dolore, rimorso, vergogna, pentimento…, vuol dire che non sente: Erika è insensibile.

Ne Il freddo dentro, una lunga lettera ad Erika di Lidia Ravera (Rizzoli, 2003), a pag.110 si legge, a proposito del lavoro dei periti che hanno studiato Erika:

«I cuccioli senza mamma diventano cattivi, ci vuole l’amore della mamma per diventare buoni. Tua mamma ti amava?»

«Boh…»

«Ti pare che si possa andare in giro per le strade del mondo senza conoscere la risposta a questa domanda? …»

e poi, a pag.113:

«Non conoscendo la madre le è venuta a mancare la possibilità di conoscere meglio se stessa, non ha potuto sviluppare la capacità riflessiva, la capacità di riconoscere e dare un nome ai propri affetti e impulsi profondi»

I disturbi di personalità, di cui si sente parlare sempre più spesso, si manifestano prevalentemente come insensibilità, anaffettività, narcisismo; come disturbo del pensiero e della volontà. La stessa identità di genere dei ragazzi e degli adulti è segnata oggi da disorientamento, come se non si fosse mai data una chiara individuazione della persona.

L’attitudine personale allo studio della Letteratura – alimentata dall’insegnamento scolastico – e della Filosofia – per gli studi universitari fatti e per un interesse che non è mai scemato nel tempo – ha sorretto e modificato lentamente l’identità di Volontario, che mi ero dato nel 1989 quando, per la prima volta, ho avviato l’esperienza di lavoro sociale nel campo delle tossicodipendenze. Il contributo di Massimo Cacciari alla presentazione della Carta dei valori del volontariato, ad opera della FIVOL, nel 2001, ha chiarito definitivamente per me quanto fosse inadeguato il termine Volontario e come il volontariato non potesse continuare ad essere azione sociale non riconosciuta. Lo stato miserrimo delle relazioni sociali nell’Italia contemporanea – congiuntamente alla progressiva dissoluzione dell’opinione pubblica, ad opera del regime mediatico imperante – non mi ha consentito se non di aderire nel 1992 all’esperienza della Fondazione Exodus di don Antonio Mazzi, nella quale la mia laicità è sempre stata rispettata. Accanto all’ispirazione ideale del Fondatore, che mi consente di partecipare come Educatore a tutte le iniziative della Comunità – che ricambio con la mia riflessione personale di Educatore – ho elaborato una personale maniera di condurmi nella relazione educativa che costruisco con le persone che si avvicinano al Centro di ascolto che ho contribuito a fondare nel 1993. Chiamerò senz’altro Consulenza filosofica il tratto di personalità e il sapere incorporato nell’esperienza personale negli ultimi quarant’anni, che mi consente di produrre orientamento filosofico nella relazione educativa.

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