Ciò che possiamo sperare.

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Oggi è stato l’ultimo giorno di scuola. Fine delle lezioni. Si chiude un anno e con esso la mia carriera di insegnante. Per le lacrime e i rimpianti e tutto il resto, se ne parla in un altro momento! Ora è sufficiente dire che un’altra fase della mia vita si è conclusa. Non passaggio, né transizione, né sbocco, e via transitando.

Dal 1974 ho avuto il privilegio di ‘salire sulla cattedra’ e di parlare come se fossi un maestro, come se le cose che avevo da dire fossero patrimonio esclusivo mio. (Al riguardo, sono d’altra parte convinto che ogni Educatore debba almeno tentare di essere un maestro di vita: se la cultura non ci cambia la vita, a cosa serve?) Non è mai del tutto così, giacché non si reinventa mai il mondo e soprattutto in così breve tempo: una lezione è solo una lezione. Ma una catena di lezioni distribuite nell’arco di anni è un’occasione preziosa offerta a un uomo perché dia il meglio di sé, svelando ai propri alunni cose che non sanno: mi riferisco alle cose nascoste dalla fondazione del mondo. Contro quanto aveva affermato Goethe – «Tanto, quello che sai di meglio non puoi dirlo ai tuoi alunni!» -, ho fatto proprio quello che secondo lui non si dovrebbe fare! E cosa avrei dovuto fare? Nascondere ai ragazzi quello che oggi hanno sotto gli occhi e che è sempre fonte di sconcerto? Avrei dovuto lasciarli soli a decifrare il mondo, senza dire cosa vedevano i miei occhi? cosa sentiva il mio cuore? cosa potevamo sperare?

I ragazzi di terza liceo mi hanno salutato oggi con la ‘proiezione’ di un piccolo video realizzato da loro che contiene testi e foto dei tre anni trascorsi. L’ultima schermata proponeva la scritta: «Chi non ricorda il bene che ha ricevuto non spera». E in basso la loro ‘risposta’: … NOI SPERIAMO …

Per quanto riguarda me, scriverò le stesse cose: il bene ricevuto è per me motivo per sperare ancora: io spero che la vita voglia riservarmi altro bene. Che sono pronto ad accettare.

E’ importante sapere che ho goduto del privilegio di essere ascoltato. Basterà per tutti il fatto che Giulia tanti anni fa si sia rivolta a me per chiedermi perentoriamente se ero disposto a farle da padre spirituale. Io accettai, nonostante avessi poco più di trent’anni. Sentivo chiaramente di essere un padre. Che cosa potevo sperare di più?

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