VERSO LA TERRA INCOGNITA (6): L’ordito e la trama. La struttura delle relazioni interne alla persona e la struttura delle relazioni che la persona intrattiene con il mondo.

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Quando mi rivolgo a me stesso, alla mia intimità, con l’introspezione e con il dialogo interiore, non mi incontro veramente, se non nella forma del monologo, e non realizzo alcuna conoscenza di me. Tutt’al più, potrei imbastire, nella scrittura, un confronto ideale con un Io immaginario, come in un dialogo tra due personaggi immaginari, uno dei quali potrei essere io! L’astratta coincidenza tra me che osservo e me che vengo osservato rende vana l’osservazione. In realtà, non c’è osservazione, per la coincidenza di soggetto e oggetto: non riesco veramente a farmi oggetto della mia osservazione, semplicemente ripiegandomi su me stesso. Io posso essere solo il soggetto che osserva. Non c’è reale ed efficace sdoppiamento, per rendere possibile l’osservazione, e se pure si richiedesse una tale incomprensibile ‘scissione’, non saprei proprio come realizzarla. Occorre, piuttosto, sviluppare la capacità di osservarsi vivere, prendendo in considerazione i modi in cui l’esistenza si manifesta: nel patire, nell’agire, nel pensare. Certo, ascolto le ‘voci di dentro’, ma quanto esse possono dirmi di ciò che più mi preme sapere, relativamente ai modi del mio consistere e al più autentico significato del mio modo di darmi al mondo? E’ proprio la natura di ciò che c’è di più proprio in ognuno di noi che rende difficile raggiungere il nucleo nascosto della persona, l’invisibile dell’esperienza, oltre l’apparenza data dal comportamento: la trascendenza della persona è il più concreto; non un aldilà che escluda ed elida l’apparenza; piuttosto, la profondità degli strati del sentire, non disgiunta mai dai modi del mio apparire. Lo sguardo più adeguato alla realtà della cosa è quello fenomenologico, il solo che sia capace di tenere insieme polarità distinte come esperienza e comportamento, apparenza ed essenza, visibile e invisibile, interno ed esterno…


L’ascolto della mia voce e l’osservazione dei miei gesti e delle azioni, l’esercizio della lettura, della scrittura, del dialogo con altri, l’imparare a morire come pratica di vita sono tutt’altra cosa: è solo un altro che incontro, se cerco me stesso; io mi troverò solo se mi cercherò altrove, in un altrove fuori di me, lontano dalle mie umidità gastriche.
E’ dentro la mia realtà umana, dentro i miei cambiamenti, nell’oscillazione tra progetto e destino che incontrerò l’altro che io sono: libertà in situazione.

La ‘scomposizione’ a cui assisto, se considero la mia realtà umana – per cui ciò che si dà non è un semplice ma una realtà cangiante, plurale, contraddittoria, sempre dislocata altrove… -, mi induce a pensarmi nei termini di un ordito di relazioni interne a cui corrisponde la trama delle relazioni con il mondo esterno. Indagare l’uno e l’altra è compito di queste riflessioni. E’ merito di Cacciari aver usato la coppia felice  ordito/trama, per restituire in immagine la struttura delle relazioni interne di cui è fatta la soggettività personale e la struttura delle relazioni che il soggetto intrattiene con gli altri: Sulla Relazione 12345.

La relazione con l’altro fuori di me è preceduta e accompagnata dalla relazione con l’altro che è dentro di me. Di relazioni si tratta, cioè del rapporto tra distinti, quando non di opposti. La natura dell’identità personale non è segnata dalla fissità dell’identità data una volta per sempre, come se fosse possibile per la persona consistere in una condizione data per sempre, senza alcuna forma di trascendenza, cioè di rinvio ad altro, nel profondo della coscienza e nel tempo della coscienza. Ciò di cui facciamo tutti esperienza è proprio il fatto che quell’altro che cerchiamo di afferrare – in noi e fuori di noi – si sottrae alla vista, quindi va cercato nelle sue manifestazioni contraddittorie, nella vita della coscienza, nelle trasformazioni del Sé indotte dall’azione sul mondo e del mondo sulla coscienza personale.

L’esistenza personale è contraddistinta dalle forme del tempo, dentro le quali andremo a cercare il concreto, cioè «gli interi di appartenenza delle cose che i fenomeni manifestano, secondo i principi di evidenza e di trascendenza. […] Possiamo definire tutti gli aspetti parziali della persona come momenti, e caratterizzare dunque la persona come un intero le cui parti proprie sono non-indipendenti: un intero indivisibile, un individuo. […] … le parti temporali sono parti non-indipendenti e vanno quindi intese piuttosto come aspetti temporali dell’intero (aspetti passati, presenti e futuri). […] … le persone potrebbero essere concepite come interi temporalmente estesi, che però sono “tutti” in ogni parte così come sono “tutti” in ogni atto. […] … nella sua essenza individuale, una persona è “unità concreta di atti” (Max Scheler):

«in ogni atto pienamente concreto sta tutta la persona, e in ogni atto (e per mezzo di esso) varia la persona intera […] Appunto per ciò non c’è bisogno qui di alcun essere duraturo, che si conservi nella successione, per assicurare l’“identità della persona individuale”. L’identità sta soltanto nell’orientamento qualitativo di questo “diventar altro”. Se cerchiamo di portare all’evidenza di un dato questo che è il più recondito di tutti i fenomeni, siamo costretti a ricorrere a immagini per indurre il lettore a guardare in direzione del fenomeno […] questo “diventar altro” nel suo modo individuale è ciò che precisamente costituisce il tutto della sua esistenza» (Max Scheler, Il formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori, San Paolo Edizioni 1996, pp.475-476).

[…] Alla questione “chi è questa persona?” noi possiamo rispondere in modo estrinseco, cioè fornendo tutta l’informazione usualmente contenuta nelle carte d’identità, o in modo intrinseco, in un modo cioè che è alla base di ogni vera conoscenza personale:

Se esamino la natura più intima di un individuo […] io la conoscerò e la comprenderò più profondamente quando avrò riconosciuto il sistema organizzato e strutturato delle sue opzioni e preferenze in materia di valori. Chiamo “ethos” il sistema di valori di questo soggetto. Ma il nucleo più fondamentale di questo ethos è l’ordine dell’amore e dell’odio, vale a dire la forma dell’organizzazione di queste passioni dominanti ed egemoniche, e in primo luogo la forma dell’organizzazione che si presenta a un livello divenuto esemplare. Le concezioni globali del mondo, così come gli atti e le azioni di un soggetto, sono sempre rette da questo sistema. (Max Scheler, Ordo amoris, Morcelliana 2008, pp.49-50)

[…] la fisionomia personale (“natura più intima”) di un individuo risiede fondamentalmente nella strutturazione assiologica del suo sentire […] la questione dell’identità personale si connette a quella dell’identità culturale […]» (Roberta De Monticelli, Ontologia del nuovo. La rivoluzione fenomenologica e la ricerca oggi, Bruno Mondadori 2008, pp.84-88.

Leggere

ROBERTA DE MONTICELLI, La fenomenologia come metodo di ricerca filosofica e la sua attualità, 2005

GIOVANNI PIANA, La fenomenologia come metodo filosofico

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